Troppe e poco realizzabili. Ma più in generale ci sono scetticismo e timori in vista delle elezioni del 4 marzo
“Chiedete a chiunque in Italia chi potrebbe essere il prossimo capo di governo a Palazzo Chigi dopo le elezioni nazionali del 4 Marzo e la risposta sarà una scrollata di spalle collettiva”, scrive Stephanie Kirchgaessner del Guardian lo scorso 23 Gennaio. Leggendo i giornali della stampa estera, in particolar modo quella europea, l’impressione comune è comunque l’assoluta incertezza dell’esito di questa sfida elettorale giocata principalmente in una gara all’ultima promessa.
Oliver Meiler del Suddeutsche Zeitung, riportato da Internazionale, afferma, tuttavia, che nessuno dei candidati sta facendo delle proposte credibili e plausibili, riferendosi all’eventuale introduzione del reddito minimo garantito tanto quanto della cosiddetta “flat tax” (a sostituzione dell’imposta progressiva sul reddito), e ancora l’abolizione delle tasse universitarie, sulla casa di proprietà e sulla prima auto. Come spererebbe, allora, Luigi Di Maio di ridurre il rapporto tra debito pubblico e PIL dal 133% al 40%, si chiede Meiler?
Per quanto non sorprenda l’interesse prevalentemente economico dei giornali tedeschi, sulla stessa identica linea si colloca anche Jerome Gautheret, il corrispondente da Roma per Le Monde, secondo cui la campagna elettorale italiana “è contrassegnata da un’escalation di proposte di sgravi fiscali”.
Il più “spavaldo” nelle proposte, si sottolinea, resta Silvio Berlusconi, nonostante l’impossibilità di ricoprire l’incarico dovuta proprio ad una condanna per frode, elemento chiave ricordato più volte da tutte le testate. Altrettanto analizzata è la figura di Matteo Renzi, considerato però quasi un “redivivo” dopo la sconfitta bruciante del referendum del 2016, quindi assai debole rispetto a Berlusconi che si è recentemente rafforzato a seguito della vittoria nelle elezioni regionali siciliane.
Politico.eu cita l’ultimo sondaggio Ixe secondo il quale solo il 25% degli italiani considera Matteo Renzi un leader affidabile. Le sue promesse di “demolire l’establishment”, datate 2014, sono ormai affidate solo al Movimento 5 Stelle che, tuttavia, viene citato soprattutto per il paventato referendum sull’euro e per il maggiore consenso che ottiene fra i giovani. E se la crisi della socialdemocrazia è un fatto europeo che riguarda molti Paesi, e per nulla recente, come conferma il professor Giovanni Orsina nell’articolo del Guardian sopra citato, in Italia lo sgretolamento della sinistra, secondo Hans-Jurgen Schlamp dello Spiegel, è davvero alle ultime briciole. Frammentata e disomogenea, la sinistra italiana, o meglio il centro-sinistra del Partito Democratico, avrebbe commesso l’errore di appoggiare negli ultimi anni Governi non regolarmente eletti, con i quali – come Schlamp elenca punto per punto – la povertà è cresciuta (4,7 milioni di persone nel 2016), il reddito medio di una famiglia italiana è rimasto troppo basso, quasi la metà dei giovani è disoccupata e la salute pubblica va peggiorando.
In conclusione, è difficile trovare delle ragioni valide per votare PD tanto quanto il neonato Liberi e Uguali, ma nemmeno affidarsi al già conosciuto Partito delle Libertà, al populismo della nuova Lega che, tralasciando il Nord, vuole coinvolgere anche il Sud, oppure ai “Fratelli d’Italia”, e soprattutto al Movimento 5 Stelle. Totale incertezza e scetticismo, dunque, per un voto quasi al buio.